“Io sono la vite, voi i tralci. Chi rimane in me, e io in lui, porta molto frutto, perché senza di me non potete far nulla.”, l’immagine della Vite e dei tralci, che nell’A. Test. era figura di Israele, tratta dai discorsi di addio di Giovanni, “testamento spirituale e sintesi del nucleo essenziale del messaggio” (Benedetto XVI), che il Maestro consegna ai discepoli prima della Sua ultima Pasqua, rivela come va vissuta la profonda unione con Dio. Ma in una società che considera tutto provvisorio, è ancora possibile rimanere uniti al Signore? Sì, testimoniando il comandamento dell’amore, “non a parole né con la lingua, ma con i fatti e nella verità” (San Giovanni), per realizzare la promessa “chiedete quello che volete e vi sarà fatto”, e superare, le diffidenze dei fratelli e le persecuzioni fisiche e morali, esperienza vissuta dalla primitiva comunità, che grazie allo Spirito Santo e a Barnaba, ha vinto le paure su Saulo, che ”raccontò loro come aveva visto il Signore che gli aveva parlato…Così egli poté stare con loro.” Imploriamo dal Padre, il Vignaiolo che rende presente il Figlio, in questa V domenica, nella Parola, che “come spada a doppio taglio, taglia il tralcio sterile, pota il tralcio rigoglioso e prepara una vendemmia abbondante e buona” (E. Bianchi), e nell’Eucaristia, l’umiltà del cuore perché “chi si illude di poter da sé portare frutto, non è unito alla vite; e chi non è unito alla vite, non è in Cristo; e chi non è in Cristo, non è cristiano.” (S. Agostino) La Vergine Maria, “modello di perfetta comunione con il suo Figlio divino, ci insegni a rimanere in Gesù, come tralci alla vite, e a non separarci mai dal suo amore” (Papa Francesco), per non temere la potatura del Padre, che “elimina il vecchio e fa nascere il nuovo…un dono per la pianta. Così il mio Dio contadino mi lavora, con un solo obiettivo: la fioritura di tutto ciò che di più bello e promettente pulsa in me.” (E. Ronchi) Amen. Santa domenica.